Quello che vi posto oggi è un articolo completo pubblicato a suo tempo sul solito giornalino. Anche questo mio articolo mi attirò giudizi non proprio lusinghieri sia da parte della Dirigenza e sia dai colleghi. Era il 1997 con in atto una "profonda" trasformazione delle F.S., a cui non riuscivo ad adeguarmi.
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AUTOACCULTURAZIONE REGOLAMENTARE .
OVVERO COME IMPOSTARE CORRETTAMENTE I RAPPORTI FRA GLI AGENTI DEL MOVIMENTO E QUELLI DELLE INFRASTRUTTURE.
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Trasfertista in una stazioncina della Tirenica-Sud, notai per più di una volta, l’evento, a dir poco straordinario, di ottenere la riattivazione del binario interrotto nei prescritti cinque minuti prima del termine dell’interruzione programmata di uno dei due binari o in occasione di intervalli d’orario.
Notai anche il ripetersi della cosa solo quando davo il cambio in anticipo ad un collega anziano del posto, che avrebbe poi ricambiata la cortesia la sera consentendomi il rientro in sede alle ore 20.15.
Il cambio alle 11.50 lo davo anche agli altri colleghi ma non avevo mai notato altrettante e tempestive riattivazioni per cui mi resi conto che era proprio quel collega anziano a determinare tale corretto comportamento da parte del personale operante in linea.
La curiosità mi spinse ad indagare sul come quel D.M. riusciva ad ottenere il completo e supino rispetto dei termini orari consentiti alla manutenzione ordinaria. Anche perchè a lui non chiedevano mai se c’erano ulteriori margini a loro disposizione senza pregiudizio per la circolazione.
Sappiamo che ogni lavoro in linea, per quanto programmato e preparato, può sempre avere qualche imprevisto ed il tempo a disposizione potrebbe necessariamente risultare insufficente a consentire il riattivato del binario nei termini temporali previsti. In questi casi era normale, acconsentire il completamento dei lavori intrapresi senza alcun pregiudizio per quei treni già ritardo anteriori.
Questo con quel D.M. non succedeva mai. Il Sorvegliante od il Capo Scala riuscivano sempre a rispettare i tempi e dare buono il binario o la linea area anche se potevano lavorare ancora.
Con la dovuta cautela cercai di saperne di più dai Manovali anziani che si alternavano nei turni.
Sentii anche qualche Cantoniere e dalla loro reticenza compresi che doveva essere successo qualche cosa di particolarmente grave, tanto da determinare quel comportamento che si palesava chiaramente cautelativo da parte dei rappresentanti dei servizi tecnici. Infatti era solo la paura a far rientrare nelle stazioni designate e nei tempi previsti tutti i mezzi operanti in linea.
Un giorno il vecchio Procaccia Postale, abituale frequentatore del bar della stazione, per l’amore del vino nonché di quello della prosperosa mescitrice, in vena di confidenze, mi raccontò che per ben due volte si era sfiorata la tragedia durante le interruzioni gestite da quel DM.
Tutte e due le volte, dopo il riattivato del binario ed in assenza di circolazione, consentiva come al solito la continuazione dei lavori impegnandosi a dare i tempestivi avvisi al presentarsi della necessità di far sgomberare i binari per il passaggio dei treni in ritardo.
Cosa che dimenticò di fare tutte e due le volte.
La tempestiva chiusura del segnale di partenza, fatta dal manovratore presente nell’Ufficio Movimento, la prima volta, e l’esposizione di un segnale d’arresto a mano presentato al treno, la seconda volta, avevano evitato il certo investimento degli operai in linea intenti ad un lavoro che, per quanto necessario ed urgente, veniva eseguito al di fuori di tutte le regole mettendo a rischio persone, mezzi ed infrastrutture. Tranne i ritardi, giustificati poi con altre motivazioni, non era successo niente dal punto di vista materiale. Analoga valutazione non poté farsi esaminando il comportamento delle persone coinvolte che, anche a distanza di anni, nell’espletamento delle proprie mansioni, agivano nel pieno rispetto delle norme non tanto per la convinzione della giustezza delle stesse ma solo per salvaguardare la propria incolumità e l’integrità dei mezzi loro affidati.
Era successo perché si fidavano di quel D.M. , che si era sempre prestato a compromessi con le regole pur di dare ampi margini alla manutenzione, ritenuta purtroppo, allora come oggi, importante ma secondaria alla circolazione. Quel D.M. dava garanzia umana altrimenti gli operai non si sarebbero fidati. Ed anche dopo il primo errore si fidavano, tanto che hanno iniziato a rispettare gli orari solo dopo il secondo errore.
Però, anche applicando le regole, di certo non lavoravano tranquilli. Avevano perso la fiducia nell’uomo.
Per sopravvivere si erano adeguati alla realtà. Con un passaggio quasi traumatico, perchè alla base mancava una cultura regolamentare fondata sulla perfetta conoscenza ed applicazione delle norme.
A soffrirne poi non erano solo gli operai che andavano in linea e rientravano nei tempi previsti. Certamente quel D.M., nel vederli rientrare così puntuali, guardando l’orologio, rammentava ogni volta quei due errori.
Avevo rimosso quel ricordo pur avendo ricavato insegnamento dagli errori altrui. Però, qualche giorno fa l’attualità ferroviaria ha risvegliato nella mia mente quell’evento in tutta la sua amarezza e mi sono reso conto ancora una volta quanto sia difficile, nel nostro lavoro, essere avulsi da sentimenti di fiducia nello stabilire corretti rapporti con i colleghi delle infrastrutture.
In proposito mi sento in dovere di esprimere pubblicamente, anche a nome di tutti i componenti della redazione, piena solidarietà, stima e rinnovata fiducia allo sfortunato collega.Tuttavia la cruda realtà dei fatti, ed il modo come il caso è stato trattato dai superiori, impongono , per l’avvenire , un diverso modo di operare senza che peraltro debbano venire meno i suddetti sentimenti. In particolare dovrà essere chiaro che il pretendere l’applicazione delle prescritte regole non inficia la fiducia del collega. Anzi dovrà essere considerato un atto dovuto procedere secondo la normativa nel rispetto del lavoro altrui nonchè della intrinseca sicurezza . Così facendo si è tutelati, si evitano gli errori e si lavora in tranquillità. Il treno fermo non provoca danni, diceva un vecchio ed autorevole istruttore di movimento. Correre ed adoperarsi per farlo ripartire è il nostro compito , contenendone il ritardo. Più importante è che la corsa riprenda in tutta sicurezza, e solo il rispetto di corrette procedure lo consente. Non scambiare i prescritti moduli, omettere i necessari accertamenti, non applicare i cartelli monitori od i segnali d’arresto a mano fanno si guadagnare tempo, ma di certo si perde tanto in Tranquillità Operativa e Sicurezza e non si rafforza quella stima , quella fiducia ed affiatamento che mai dovrebbero mancare tra noi operatori di trincea.
Mai come oggi la manutenzione è scesa a così bassi livelli. L’esodo incentivato, la mancata copertura degli organici, l’aumentato traffico ed il rincorrere obbiettivi di produttività risicano sempre di più i tempi previsti per la manutenzione. I tecnici sono tenuti sempre sotto pressione, specialmente quelli dei Lavori. Correre, sfruttare tutti i ritagli, riattare dissestati binari e scambi mitigando i ritardi. Queste sono le direttive. Qualcuno interpreta alla lettera l’incitamento e si sente spronato ad operare anche al limite delle regole di carattere antinfortunistico ancorchè regolamentari, tanto che, a qualche sprovveduto dipendente, risulta ostruzionista il comportamento di colui che di dette regole ne chiede l’applicazione. Peggio ancora quando le regole non si conoscono affatto per cui appare pura pignoleria l’operare scrupolosamente.
Tanto più quando è la maggioranza degli operatori ad essere normativamente elastica.
In sede locale si sorvola persino sulla poca dimestichezza che i tecnici hanno con le norme di carattere strettamente regolamentare nei rapporti con la circolazione. Purtroppo c’è chi sostiene che è più necessario conoscere per bene come riparare il binario, la linea aerea o gli apparati e non le formule dei dispacci. Il guaio è che qualcuno non conosce neppure il contenuto di quelle formule e delle norme relative per cui spesso si ha una professionalità assistita e non solo per le interruzioni. Il Capo Tecnico opera con il personale che ha per cui, anche avendone tempo, competenza e volontà , non sempre riesce a chiarire con i dipendenti tutti gli aspetti relative alle mancanze segnalate verbalmente. Spesso si demanda al corso di aggiornamento il compito di colmare le lacune palesate ma non rapportate per iscritto.
Questo quando dalle mancanze stesse, per circostanze fortuite, non ne siano derivati tamponamenti, svii o tallonamenti di deviatoi.
Altrimenti capita anche di assistere ad un linciaggio morale di un collega troppo attivo ed onesto. Disgustosamente ciò è successo in un Corso di Pseudo Aggiornamento Professionale.
Il Comitato di Redazione è vivamente pregato di non storcere il muso, o di censurarmi. Non è in causa la poca professionalità del singolo o di un settore. Il discorso vale per tutta la categoria dei ferrovieri ed a tutti i livelli. Non è colpa loro se non hanno avuto una cultura professionale adeguata Se il ferroviere è convinto che applicando le regole i treni non camminano la colpa è di chi non si attiva per modificare tale tesi. Per le facili promozioni poi, l’agente sponsorizzato ma non all’altezza dei compiti assegnati, potremo solo considerarlo complice ed incosciente .Ne tantomeno gli si può chiedere l’autoacculturazione regolamentare senza tenere conto delle basi scolastiche, delle passate esperienze ed avendo ben presente la difficoltà di lettura e di comprensione dei testi ferroviari. Basti pensare che sono quasi tutti oggetto di revisione e non solo nella veste tipografica.
Attenzione. Stiamo raggiungendo i livelli di guardia. Basti pensare che agli ultimi neo abilitati al movimento si chiede addirittura di espletare turni di tirocinio fuori dall’orario di servizio ed a proprie spese. E nonostante la latente minaccia alla sicurezza determinata dai molteplici fattori esaminati si continua a non fare veri corsi di aggiornamento. Oppure quando essi vengono fatti, l’avervi partecipato costituisce un’aggravante, anche a distanza di tempo, in un eventuale procedimento disciplinare perchè l’agente era stato regolarmente istruito. Non importa poi minimamente se quelle nozioni non sono state oggetto di recente verifica applicativa mancandone il tempo, la volontà , il personale oppure semplicemente l’assenza di direttive dei Superiori Responsabili.
Orbene sarebbe ora dare alla preparazione professionale l’importanza dovuta ed indirizzare verso la SCUOLA DEI FERROVIERI le necessarie risorse. Per questo è necessario chiamare in causa tutti gli interessati. Forze sindacali comprese.