da E 44 » 19/03/2012, 12:55
Una nota storica.
La frenatura in origine era tutta a mano. Ogni due o tre carri o carrozze vi era una garitta del frenatore. Questo doveva obbedire a dei precisi segnali che venivano dati dal macchinista con il fischio della locomotiva.(x) Su certe linee con tratti a forte pendenza doveva serrare i freni di propria iniziativa.
Poco dopo metà Ottocento in Gran Bretagna si sperimentò un tipo di frenatura nuovo, ad aria compressa e comandato dalla locomotiva, perché l’aumento costante della velocità dei treni passeggeri imponeva nuove tecnologie. Questo sistema fu copiato da molte amministrazioni ferroviarie, ma però nel complesso non ebbe una eccessiva applicazione. Per i treni merci il discorso non cambiò. Si cercò di potenziare la frenatura con la tecnica del controvapore nella locomotiva.
La prima guerra mondiale portò a notevoli innovazioni. Purtroppo è fatto ben noto che le tecnologie, ostacolate dai risparmi in tempo di pace, trovano incentivi in tempo di guerra, allo scopo di vincere. Nel caso dei treni, si ebbe una diffusione del nuovo sistema di frenatura sui treni viaggiatori, sia perché usati per spostare velocemente interi reggimenti, sia perché l’intento era, riducendo il numero dei frenatori,di ricuperare gente da inviare a combattere.
Però nel periodo fra le due guerre mondiali il nuovo sistema di frenatura si diffuse e fu migliorato, permettendo così ai treni viaggiatori di aumentare sempre più le velocità. Fino ad arrivare ai 160 d’orario delle locomotive 01 tedesche, ai 200 d’orario dei locomotori E 18 sempre tedeschi e al record italiano dell’ET a 203 km./h.
I treni merci però rimasero sempre a 50-60, e quindi frenati a mano. A dire il vero vi furono certe serie di nuovi carri dotate anche del nuovo sistema di frenatura, ma pochi; in genere si avevano dei treni a “frenatura mista”, una parte collegata alla locomotiva, l’altra a mano.
Durante la seconda guerra mondiale non cambiò in pratica nulla, perché la gran parte dei convogli merci venne adoperate per operazioni militari, in gran parte ad opera dell’esercito tedesco (anche con i tristi convogli dei deportati) dove sul treno nelle garitte dei frenatori venivano messi soldati di scorta e guardia, che però dovevano anche svolgere il servizio dei freni.
Dopo la guerra ormai si cominciarono a diffondere regolarmente treni viaggiatori a 140, alla cui regolarità di marcia diveniva d’ostacolo la presenza di merci a 50-60, inoltre la movimentazione delle merci esigeva maggiori velocità, e quindi cominciarono ad apparire i nuovi carri che potevano viaggiare di norma a 80, a volte a 100, in casi particolari a 120 (velocità che per i merci sono sempre attuali, altro che alta velocità!), velocità che ovviamente necessitavano di frenatura sicura anche perché cominciarono a diffondersi convogli merci da 1.000 tonnellate in su, che certamente sarebbe stato difficile poter frenare a mano.
Così dagli anni sessanta anche i merci fecero il salto di qualità, rimasero però ancora per molti anni, fino al cambio del secolo, carri con garitte perché all’occorrenza qualche volta occorreva un frenatore, ma generalmente sul carro di coda, il famoso “frenatore in coda”. Esistono dei carri moderni, per trasporto minerali, cisterne, ecc., che dispongono ancora di piattaforme scoperte con freno a mano, ma queste servono solo per un miglior stazionamento negli scali merci, non vengono mai usate in viaggio. Ed infatti essendo prive di copertura sarebbe un viaggio impossibile.
La frenatura poi ha fatto un progresso enorme, arrivarono i freni a disco e con l’aumento delle velocità oltre i 160 le locomotive cominciarono ad impiegare la frenatura elettrica in aggiunta a quella pneumatica.
Un discorso a parte merita il servizio dei frenatori. Era un servizio umile, ai gradi più bassi e con stipendi da fame. Si doveva stare in piccole garitte per centinaia di chilometri, molto scomode, su panchette di legno, con continui spifferi, senza possibilità di riscaldamento e senza illuminazione, la piccola finestrella dava sul carro precedente, per cui non si vedeva niente del viaggio, e serviva a fornire la luce del giorno ma di notte vi era il buio assoluto. Se la locomotiva era a vapore nelle lunghe gallerie respirare era un tormento. Si doveva prestare attenzione continua ai possibili fischi del macchinista, senza sapere mai quando sarebbero arrivati. Col tempo cominciò a diffondersi una terribile piaga: soprattutto d’inverno i frenatori per riscaldarsi bevevano grappa in grande quantità, e questo, oltre a scatenare le malattie del fegato, provocava un grande orinazione. Molti frenatori ubriachi si orinavano addosso e alle volte si verificavano casi di congelamenti in parti delicate con rischio di cancrene. Inoltre il fatto dell’ubriachezza in tutte le stagioni provocava un rilassamento se non una incoscienza ai comandi, per cui i macchinisti avevano sempre il terrore di non vedere eseguiti i segnali dati col fischio, e quindi una maggiore difficoltà a frenare il treno.
Se vi è un servizio in ferrovia che non è assolutamente da rimpiangere è quello della frenatura a mano. In un certo senso, ricordando i frenatori e parafrasando un celebre detto, si potrebbe parlare di “ignoti eroi”.
(x) Negli anni ottanta, anche novanta, capitava che come il Dirigente movimento o il capotreno davano al macchinista l’ordine di partenza, a volte questo prima di avviare il treno emetteva un breve fischio. Era un ricordo del passato, il breve fischio infatti era l’ordine ai frenatori “allentare tutti i freni”. Non serviva più, ma l’usanza era rimasta.
Paolo