frenatori

Sezione dedicata ai racconti e alle esperienze riguardanti il mondo ferroviario.

Messaggioda pasquino » 18/03/2012, 21:47

Mi piacerebbe sapere notizie sui frenatori: come svolgevano il loro lavoro? in quali condizioni - freddo, caldo, vento, intemperie ....-, per quante ore, fino a che anno? Io vivo davanti ad una ferrovia e mi sembra di ricordarli negli anni '50. E' possibile?
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Messaggioda Macaco » 19/03/2012, 8:43

La normaiva prevede ancora la frenatura a mano fatta a bordo dei veicoli con apparato funzionante e presenziato (art. 79 ed 80 PGOS), nonchè dall'articolo 7 del RS sull'uso dei fischi della locomotiva per chiedere l'uso del freno a mano da parte dei frenatori. Più tardi, tempo permettendo, conto di parlarvene.
Gaetano.
Scusatemi. Io appartengo al passato delle FS. Non sono ingegnere e sono contrario al cazzeggio...ferroviario.
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Messaggioda Macaco » 19/03/2012, 10:55

Prima di entrare nello specifico voglio proporre alla vostra attenzione alcuni brani della mia disquisizione sul servizio delle spinte (Fas ne sta approntando un sunto in pdf e quanto prima lo posterà). I due brani vertono proprio sulla frenatura.
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Proseguiamo con le piccole nozioni sulla tecnica della circolazione ferroviaria. Come al solito tratteremo di concetti di fisica alla portata di tutti facendo riferimento alla circolazione stradale. Stavolta parliamo di freni e di frenatura. Qualcuno di voi avrà forse visto qualche carro agricolo o vecchio calesse o vetture d’epoca. Avrà certamente notato il leveraggio che consentiva, girando una manovella o una ruota con manubrio collegate ad una vite senza fine, di far pressione sulle ruote con un pezzo mobile che veniva serrato sul cerchione delle ruote. Maggiore è la pressione e più efficiente risulta l’azione frenante che consiste, in effetti, a bloccare le ruote impedendole di girare. Lo stesso sistema è ancora usato in molte auto dove le ganasce, rivestite di ferodo e mosse da un sistema idraulico collegate al pedale del freno, si serrano al tamburo su cui sono avvitate le ruote. Più sofisticato ma sullo stesso principio si attua la frenatura a disco. Le ganasce, munite sempre di ferodo, si serrano sulle facce esterne di un disco montato solidale al mozzo delle ruote. Dopo queste brevi premesse possiamo dire che lo spazio di frenatura, cioè entro quanti metri si arresta il veicolo, è in stretto rapporto, oltre alla forza della pressione già detta, anche ad altri elementi quali la velocità ed il peso del veicolo, l’attrito tra le ruote ed il manto stradale nonché la prontezza dei riflessi del conducente. Sarà più facile, quindi, frenare se si va piano, la strada è asciutta, non siamo in discesa, le gomme non sono lisce, il nostro veicolo non è a pieno carico e, soprattutto, il sistema frenante risulta efficiente. Facciamo ora i raffronti di tutti questi elementi con la frenatura dei veicoli ferroviari. La prima cosa da rilevare è l’indice di attrito che risulta minimo. E’ il punto di forza della circolazione ferroviaria consentendo velocità e capacità di trasporto più elevate rispetto alla strada. Le ruote metalliche dei veicoli ferroviari rotolano sulle rotaie con minore sforzo di trazione enormemente inferiori. Immaginate il movimento di una biglia su una superficie dura e levigata. Se ciò costituisce un vantaggio per velocità e capacità di trasporto risulta particolarmente oneroso (dal punto di vista di energia-lavoro occorrente) assicurare la frenatura dei veicoli. Di ciò, dopo avervi incuriositi, ve ne parlerò nella prossima puntata.
Gaetano.
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Messaggioda Macaco » 19/03/2012, 10:59

Riprendiamo il discorso sulla frenatura dicendo che un tempo non tutti i veicoli ferroviari erano muniti di freni. Le vetture ed i bagagliai quasi tutti avevano il freno mentre i carri merci lo erano in misura minore. Però per quelli esistenti ci voleva il personale per farli funzionare. Di qui l’esercito di “frenatori” per far andare un treno. Il macchinista, con fischi convenzionali della locomotiva, “chiedeva” ai frenatori di serrare i ceppi quando era necessario rallentare la marcia oppure procurare l’arresto completo del convoglio. Un vero lavoro d’équipe consentiva una marcia sicura e veloce. I componenti di una squadra erano quasi sempre gli stessi che si distribuivano in modo opportuno lungo il treno. All’unisono, con tempismo e coordinazione, agivano sul volantino serrando a fondo o moderatamente i freni. Più erano i veicoli frenanti e più era consentito aumentare la velocità con la certezza di poter fermare il treno quando era necessario. Sia in discesa sia in salita evitandone la retrocessione per inerzia, in caso di fermata. Anche se muniti di freno non tutti i carri merci potevano essere frenati. Il ceppo di ferro aderendo alla ruota d’acciaio provoca calore e scintille per cui erano assolutamente poco indicati per trasporti d’esplosivi o materiali facilmente infiammabili. Considerato inoltre che quasi tutti i carri erano costruiti in legno, su strutture di ferro, i freni, per evitare gli incendi, non dovevano restare sempre attivi ma stretti ed allentati alternativamente per evitare il surriscaldamento. Solo con l’introduzione del sistema frenante automatico ad aria compressa, ideato da George Westinghouse nel 1872, si poté rinunziare alle numerose squadre di frenatori. Il macchinista, tramite un rubinetto, azionava la frenatura su tutto il treno. Si eliminò il personale ma restarono validi i principi fisici che la velocità e la sicurezza dei treni era legata al rapporto esistente tra il peso totale del treno e la quantità di forza frenante che si poteva ottenere. Tale rapporto, espresso in percentuale, si chiama peso frenato. Maggiore è la percentuale di peso frenato esistente maggiore sarà la possibile velocità di marcia. Ogni veicolo ferroviario porta indicato sulle fiancate il peso reale, la portata nonché la forza frenante possibile. Discorso un poco complicato ma facilmente intuibile se si pensa che, andando in macchina, si spinge sull’acceleratore, al di là di tutte le altre norme da rispettare, solo quando si è sicuri di avere dei buoni freni. L’efficienza dei freni dei treni, sia merci che viaggiatori, era poi oggetto di controlli continui. Qualcuno avrà certamente visto, fino a poco tempo fa, nelle stazioni il ferroviere che, con un martello dal lungo manico, andava a picchiare i ceppi serrati sulle ruote di un treno in partenza. Dal rumore riusciva a determinare l’efficienza del serraggio e quindi della frenatura. Adesso tutto avviene attraverso controlli elettromeccanici od elettronici. Tutto il personale addetto è costantemente e ciclicamente istruito e sensibilizzato alla scrupolosa “prova del freno”. L’inosservanza di precise disposizioni a riguardo ha provocato nel passato non pochi disastri ferroviari.
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Nel pomeriggio od in serata riprenderemo il discorso su freni a mano e frenatori.
Gaetano.
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Messaggioda E 44 » 19/03/2012, 12:55

Una nota storica.
La frenatura in origine era tutta a mano. Ogni due o tre carri o carrozze vi era una garitta del frenatore. Questo doveva obbedire a dei precisi segnali che venivano dati dal macchinista con il fischio della locomotiva.(x) Su certe linee con tratti a forte pendenza doveva serrare i freni di propria iniziativa.
Poco dopo metà Ottocento in Gran Bretagna si sperimentò un tipo di frenatura nuovo, ad aria compressa e comandato dalla locomotiva, perché l’aumento costante della velocità dei treni passeggeri imponeva nuove tecnologie. Questo sistema fu copiato da molte amministrazioni ferroviarie, ma però nel complesso non ebbe una eccessiva applicazione. Per i treni merci il discorso non cambiò. Si cercò di potenziare la frenatura con la tecnica del controvapore nella locomotiva.
La prima guerra mondiale portò a notevoli innovazioni. Purtroppo è fatto ben noto che le tecnologie, ostacolate dai risparmi in tempo di pace, trovano incentivi in tempo di guerra, allo scopo di vincere. Nel caso dei treni, si ebbe una diffusione del nuovo sistema di frenatura sui treni viaggiatori, sia perché usati per spostare velocemente interi reggimenti, sia perché l’intento era, riducendo il numero dei frenatori,di ricuperare gente da inviare a combattere.
Però nel periodo fra le due guerre mondiali il nuovo sistema di frenatura si diffuse e fu migliorato, permettendo così ai treni viaggiatori di aumentare sempre più le velocità. Fino ad arrivare ai 160 d’orario delle locomotive 01 tedesche, ai 200 d’orario dei locomotori E 18 sempre tedeschi e al record italiano dell’ET a 203 km./h.
I treni merci però rimasero sempre a 50-60, e quindi frenati a mano. A dire il vero vi furono certe serie di nuovi carri dotate anche del nuovo sistema di frenatura, ma pochi; in genere si avevano dei treni a “frenatura mista”, una parte collegata alla locomotiva, l’altra a mano.
Durante la seconda guerra mondiale non cambiò in pratica nulla, perché la gran parte dei convogli merci venne adoperate per operazioni militari, in gran parte ad opera dell’esercito tedesco (anche con i tristi convogli dei deportati) dove sul treno nelle garitte dei frenatori venivano messi soldati di scorta e guardia, che però dovevano anche svolgere il servizio dei freni.
Dopo la guerra ormai si cominciarono a diffondere regolarmente treni viaggiatori a 140, alla cui regolarità di marcia diveniva d’ostacolo la presenza di merci a 50-60, inoltre la movimentazione delle merci esigeva maggiori velocità, e quindi cominciarono ad apparire i nuovi carri che potevano viaggiare di norma a 80, a volte a 100, in casi particolari a 120 (velocità che per i merci sono sempre attuali, altro che alta velocità!), velocità che ovviamente necessitavano di frenatura sicura anche perché cominciarono a diffondersi convogli merci da 1.000 tonnellate in su, che certamente sarebbe stato difficile poter frenare a mano.
Così dagli anni sessanta anche i merci fecero il salto di qualità, rimasero però ancora per molti anni, fino al cambio del secolo, carri con garitte perché all’occorrenza qualche volta occorreva un frenatore, ma generalmente sul carro di coda, il famoso “frenatore in coda”. Esistono dei carri moderni, per trasporto minerali, cisterne, ecc., che dispongono ancora di piattaforme scoperte con freno a mano, ma queste servono solo per un miglior stazionamento negli scali merci, non vengono mai usate in viaggio. Ed infatti essendo prive di copertura sarebbe un viaggio impossibile.
La frenatura poi ha fatto un progresso enorme, arrivarono i freni a disco e con l’aumento delle velocità oltre i 160 le locomotive cominciarono ad impiegare la frenatura elettrica in aggiunta a quella pneumatica.

Un discorso a parte merita il servizio dei frenatori. Era un servizio umile, ai gradi più bassi e con stipendi da fame. Si doveva stare in piccole garitte per centinaia di chilometri, molto scomode, su panchette di legno, con continui spifferi, senza possibilità di riscaldamento e senza illuminazione, la piccola finestrella dava sul carro precedente, per cui non si vedeva niente del viaggio, e serviva a fornire la luce del giorno ma di notte vi era il buio assoluto. Se la locomotiva era a vapore nelle lunghe gallerie respirare era un tormento. Si doveva prestare attenzione continua ai possibili fischi del macchinista, senza sapere mai quando sarebbero arrivati. Col tempo cominciò a diffondersi una terribile piaga: soprattutto d’inverno i frenatori per riscaldarsi bevevano grappa in grande quantità, e questo, oltre a scatenare le malattie del fegato, provocava un grande orinazione. Molti frenatori ubriachi si orinavano addosso e alle volte si verificavano casi di congelamenti in parti delicate con rischio di cancrene. Inoltre il fatto dell’ubriachezza in tutte le stagioni provocava un rilassamento se non una incoscienza ai comandi, per cui i macchinisti avevano sempre il terrore di non vedere eseguiti i segnali dati col fischio, e quindi una maggiore difficoltà a frenare il treno.
Se vi è un servizio in ferrovia che non è assolutamente da rimpiangere è quello della frenatura a mano. In un certo senso, ricordando i frenatori e parafrasando un celebre detto, si potrebbe parlare di “ignoti eroi”.

(x) Negli anni ottanta, anche novanta, capitava che come il Dirigente movimento o il capotreno davano al macchinista l’ordine di partenza, a volte questo prima di avviare il treno emetteva un breve fischio. Era un ricordo del passato, il breve fischio infatti era l’ordine ai frenatori “allentare tutti i freni”. Non serviva più, ma l’usanza era rimasta.
Paolo
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Messaggioda Macaco » 19/03/2012, 13:15

Mi dispiace intervenire, ogni tanto, per bacchettare il caro amico Paolo, Ma il Don, lo sapete, oltre ad essere pignolo è un attento lettore delle "sacre scritture". Anche questa volta E44 ha "toppato" dicendo: ""in genere si avevano dei treni a “frenatura mista”, una parte collegata alla locomotiva, l’altra a mano.""

La frenatura di cui si parla viene definita "Frenatura parzialmente continua (freno continuo e freno a mano)". Articolo 80 PGOS.
Invece la "Frenatura continua mista. (Tipo merci e tipo viaggiatori)" , regolata dall'articolo 77 PGOS, è tutt'altra cosa.

Perdonami Paolo. :D ;)
Gaetano.
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Messaggioda E 44 » 19/03/2012, 14:16

E va bene, starò più attento.
Perdonare? Ma è una virtù cristiana offrire l'altra guancia :D

Intanto voglio raccontare questa avventura di tanti anni fa.

Dovevo andare a prendere servizio alla mia stazione alle ore 7.00. Ma quella mattina, a causa di un incidente stradale, la strada era bloccata, dovetti lasciare l’autobus e proseguire a piedi, e così arrivai tardi in stazione e persi tutti i tre treni viaggiatori che mi avrebbero permesso di arrivare in tempo. E quello successivo era appena alle 7.40! Sarebbe arrivato alle 8, e così il collega smontante avrebbe dovuto farsi un’ora in più di lavoro. :evil:
Però sapevo che dallo scalo merci subito dopo i tre viaggiatori partiva un merci raccoglitore che manovrava nella mia stazione. Così corsi allo scalo, per chiedere un passaggio.
Ma giunto a due metri dalla coda del treno, questo si mise in moto, praticamente in lieve anticipo. Però proprio in coda vi era una garitta per frenatore. Una breve corsa e saltai su, starò scomodo, pensai, ma arriverò in tempo.
Ma aperta la porticina ebbi una sorpresa incredibile! Evidentemente non molto tempo prima qualcuno, forse un manovratore, aveva usato il sedile della garitta come gabinetto. Sopra vi era un colossale merdone. :shock: :o :evil: Non potevo sedermi né pulire. E nemmeno saltar giù dal treno, che ormai era in corsa. Dovetti rassegnarmi a rimanere all’esterno, sul predellino, con la bora (era inverno) per tutti i 30 km. del viaggio. :|
Arrivati a destino, corsi dal fascio merci alla stazione, arrivando esattamente alle 6.59, giusto per il cambio.
Poco dopo, parlando al telefono con il collega della stazione precedente, questo mi disse “Sai che oggi il raccoglitore viaggia con il frenatore in coda?”. :mrgreen:
Ed io "Si, lo so, ma solo fino qui. Poi scende". :D
Paolo
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Messaggioda Macaco » 19/03/2012, 20:26

A proposito dei fischi.
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Art. 7 RS - Fischi per il comando dei freni e per segnali di allarme.
1. Tre fischi brevi e vibrati ordinano la pronta chiusura di tutti i freni.
2. Più di tre fischi brevi e vibrati sono il segnale di allarme e prescrivono parimenti la pronta ed energica chiusura di tutti i freni.Questo segnale vale anche per chiedere la chiusura dei freni quando il macchinista di una locomotiva che rinforza in coda un treno si accorge che la locomotiva si è scostata dal treno. Lo stesso segnale vale anche per richiamare l'attenzione del personale delle stazioni e della linea per l'adozione delle possibili misure di sicurezza.
3. Quando i freni sono serrati, un breve fischio della locomotiva ne ordina il parziale allentamento; questo segnale si adopera soltanto sulle forti discese.
4. Un fischio lungo seguito da altro breve ordina il completo allentamento dei freni.
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Sembra che una mancata intesa od erronea interpretazione dei prescritti fischi sia stata una tra le altre concause che determinarono il disatro ferroviario occorso al treno 8017 del 03/Marzo/1944 nella galleria delle Armi tra le stazioni di Balvano e Bella-Mura (oltre 400 vittime).
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Messaggioda E 44 » 20/03/2012, 12:09

L'8017 era proprio un treno a frenatura parzialmente continua.
Paolo
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Messaggioda pasquino » 20/03/2012, 15:04

Grazie agli esperti della esauriente risposta. Ma è stata mai scritta la storia di questi umili lavoratori della ferrovia?
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Messaggioda E 44 » 20/03/2012, 16:02

Credo proprio di no.
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Messaggioda Macaco » 20/03/2012, 20:40

""... Senza frenatori, i macchinsti non potevano far correre un treno attraverso il continente, e c'è sempre fra le due categorie un rapporto di amore-odio, pressappoco come succede fra sergenti e ufficiali che comandano un reparto. I frenatori si risentivano perchè i macchinisti se ne stavano seduti nella cabina mentro loro dovevano lavorare fuori, all'aperto, sotto la pioggia o il sole, per quaranta dollari, mentre i macchinisti ne guadagnavano sessanta al mese. Di rado i frenatori diventavano macchinisti, perchè di solito la loro carriera cominciava come frenatore di deposito, per continuare poi come frenatore di vagoni-merci e capotreno merci, oppure da frenatore di merci a frenatore di treni passeggeri, e finalmente a capotreno dei treni passeggeri...""

Dee Brown - Un fischio nella prateria. L'epopea del treno nel grande west - Oscar Storia Mondadori - 2000 - Cap. VIII . Il west dei ferrovieri - pag. 200.

Domani posterò altri brani di questo libro sull'argomento.

Di seguito proverò a dirvi qualche altra cosa sui "nostri" frenatori.

Non ti lamentare, Paolo. Possiamo scriverlo noi qui ciò che non è stato ancora scritto. Per questo ci siamo in questo bar. :D :) :twisted:
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Messaggioda Macaco » 22/03/2012, 15:09

"" ...La stessa riluttanza per i cambiamenti incontrò George Westinghouse mentre stava perfezionando il suo freno ad aria compressa. Prima che l'invenzione venisse adottata, i frenatori dovevano essere pronti ad applicare i freni a mano. Di solito due frenatori lavoravano su ogni vagone merci. <<Noi vivevamo in cima al vagone>> disse Harry French. <<Il clima non contava.>> Fu solo verso la fine degli anni Ottanta che alcuni treni merci furono equipaggiati con freni ad aria. <<Quando il convoglio era in movimento noi dovevamo viaggiare sul tetto>> ricorderà Dick Nelson. <<Il freno veniva azionato azionato dagli uomini sul treno, non dal macchinista ...Fermezza di nervi, coordinamento dei dei gesti, tempismo, e un senso perfetto dell'equilibrio erano necessari per lo spostarsi sul tetto di un merci; estate o inverno che fosse...Pioggia, neve, pioggia mista a grandine, tutto stando sopra il tetto dei vagoni e sulle ruote frenanti e sugli scambi a mano>>. Sulle ripide discese della transcontinentale lungo le montagne dello Wyoming, dell'Utah e della California, i frenatori dovevano essere pronti a saltare di vettura in vettura, sempre sul tetto, per applicare i freni a mano. Un frenaggio irregolare poteva far sì che un convoglio si separasse in due tronconi, situazione estremamente pericolosa. Se i freni erano troppo tesi, la frizione si surriscaldava al punto che le ruote scivolavano sui binari e il frenatore doveva intervenire ed introdurre rapidi aggiustamenti su parecchi vagoni per impedire al treno di aumentare la velocità...""

Stesso libro e stesso capitolo. Pagg. 202-203.
==========

Non era certamente questa la situazione lavorativa dei "nostri" frenatori sul finire degli anni 1950. Comunque, credo che anche da noi, un secolo addietro, le condizioni potevano essere quasi le stesse, prima che ogni carro con freno a mano venisse munito di apposita garetta per il frenatore.
Gaetano.
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Messaggioda andm » 22/03/2012, 21:01

Caspita, per me un mondo invisibile e sconosciuto. Ma interessante
Andrea
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Messaggioda Macaco » 22/03/2012, 23:45

Ne parlerò ancora, Andrea. ;)
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