Incidentalità ferroviaria

Spazio dedicato alle linee ferroviarie appartenenti alle FS, alla loro storia e ai loro servizi.

Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 16/01/2016, 0:28

Giovanni Pighini ha scritto:Vabbè che ho compiuto 31 anni l'altro ieri, ma non mi sento così datato. :lol:

Giovanni! Il buon don alludeva a me che ne ho 70. :)
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Messaggioda Macaco » 16/01/2016, 9:23

...ma io sono...molto più giovane di lui...68. :lol: :lol: :lol:
Gaetano.
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Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 16/01/2016, 9:48

;) :lol: :lol:
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Messaggioda Giovanni Pighini » 16/01/2016, 11:34

Comunque io ho sempre sostenuto che sono un vecchio prigioniero nel corpo di un giovane
Giovanni
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Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 16/01/2016, 12:05

Giovanni Pighini ha scritto:Comunque io ho sempre sostenuto che sono un vecchio prigioniero nel corpo di un giovane

Giovà, e meglio sentirsi giovani nella mente e nel corpo.
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Messaggioda tof63 » 16/01/2016, 23:23

A proposito del disastro di Chiomonte.

Nel 1959 io avevo 7 anni e mio padre lavorava alle OGR di Torino (dove venivano revisionati i locomotori trifase).
Ricordo che fu molto colpito da questo fatto in quanto conosceva il macchinista morto nell'incidente.
Mio padre si occupava della preparazione dei fogli corsa per le macchine in prova e quel macchinista era uno di quelli che venivano mandati sovente dal deposito alle OGR a ritirare i locomotori revisionati per le corsa di prova.

Ricordo anche molto bene che mio padre diceva che i due ferrovieri sul treno si erano salvati perchè si erano buttati dal treno in corsa subito prima della stazione di Chiomonte.
Questo conferma che la velocità del treno al momento del deragliamento non poteva essere di 200 km/h, ma molto meno (anche secondo me ragionevolmente, se avesse superato di 70 o gli 80, credo si sarebbe disfatto il biellismo in corsa).

Allego di seguito i link a 3 pagine del giornale La Stampa dell'epoca contenenti articoli sull'incidente.

5 Settembre 1959 - pagina 5 - Notizia del fatto.
http://bve.altervista.org/_altervista_h ... 905-p5.pdf
6 Settembre 1959 - pagina 9 - Morte del macchinista
http://bve.altervista.org/_altervista_h ... 906-p9.pdf

9 Settembre 1959 - pagina 2 - Cause del disastro
http://bve.altervista.org/_altervista_h ... 909-p2.pdf

Edit 05/02/2018: Aggiornati link alle pagine La Stampa
Ultima modifica di tof63 il 05/02/2018, 10:49, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda sincrono » 17/01/2016, 9:56

Grazie tof63 della tua preziosa testimonianza. Il fatto che le bielle della 551 fossero rimaste al loro posto, conferma che la velocità non fosse elevatissima e questo confermerebbe anche che almeno una parte del treno frenava ma con una percentuale troppo bassa per garantirne l'immobilità. L'allora Aiuto Macchinista Riccio, l'ho conosciuto molto bene. Diventato poi Macchinista e, successivamente Capo Deposito, i contatti erano frequenti, ma non si è mai parlato dell'incidente. Le notizie a mia disposizione, mi furono trasmesse dal mio ex Macchinista anche lui, all'epoca, Aiuto. Anche la mancanza del compressore meccanico, influì negativamente.
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Messaggioda tof63 » 17/01/2016, 11:54

Credo che, se il locomotore si fosse "sbiellato" strada facendo, l'improvviso squilibrio creatosi nelle masse rotanti rimaste, non più contrappesate dalle bielle, avrebbe fatto sì che si fossero subito disintegrate le boccole e poi gli stssi assali con conseguente deragliamento anche in piena linea.

Ricordo che mio padre diceva che la problematica più grande che avevano con le revisioni dei locomotori era il riscaldo eccessivo delle boccole che sovente si manifestava nella prima corsa di prova dopo la revisione.
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Messaggioda sincrono » 17/01/2016, 16:22

Esatto, tof. Il riscaldo dopo revisione era una normalità. Il metallo bianco doveva adattarsi dopo un rodaggio percorso a velocità più contenute per una certa percorrenza. Si prestava moltissima attenzione.
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Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 21/01/2016, 15:36

Qualcuno ne sa niente di questo?
tiburtina 9 giugno 1957.jpg

Roma Tiburtina 9 giugno 1957
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Messaggioda Macaco » 21/01/2016, 20:08

Il Regionale 475 Ancona - Roma, composto da Le + ALe 840, giunto in stazione di Roma Tiburtina intorno alle 24 con oltre un'ora di ritardo, deraglia andando a collidere contro la 743.400 e la E626.338 ferme in stazione.
L'incidente, molto spettacolare, ha per fortuna conseguenze limitate per le persone: solo una quarantina di contusi.
Al termine dello scontro, infatti, le automotrici elettriche si sono adagiate su un fianco.
----------
Dal sito Macchinisti Sicuri. Incidenti ferroviari.
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Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 22/01/2016, 15:42

Grazie don, avevo da una vita questa foto tratta da un giornale dell'epoca, ma non ne conoscevo i risvolti.
Non si conoscono le cause?
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Messaggioda freelancer » 20/02/2016, 22:55

Ho letto su due testi (non ricordo più quali) che a fine Ottocento, se ricordo bene nel 1898, vi fu un incidente nella galleria del Giovi che ne ricorda uno più tragico e recente: i macchinisti di un treno ascendente erano rimasti asfissiati dai fumi della locomotiva e il treno era retrocesso da solo poi sviando. Da questa sommaria descrizione, pare sia stato spinto fuori dalla galleria dal peso stesso della locomotiva, evidentemente una sola.
Pare che il ricordo fosse ancora ben presente quando nel 1910 si era inaugurata la trazione elettrica fra Pontedecimo e Busalla.
Ora però non se ne sa nulla. Almeno la data si riuscirebbe a "scavare"?
Paolo
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Messaggioda Macaco » 21/02/2016, 9:29

11 agosto 1898
Lo scandalo
delle forniture ferroviarie
e la questione del Terzo Valico
di Gian Battista Cassulo


Il fatto

Nell'iniziale tratto appenninico della linea Torino-Genova, tra Pontedecimo e Busalla, l'11 Agosto 1898 si verifica un grave incidente ferroviario, che le cronache dell'epoca riporteranno con grande evidenza sia per la drammaticità del fatto, sia soprattutto per le complicanze politiche che da esso scaturiranno.
Quel disastro infatti metterà in luce uno scandalo di vaste proporzioni sulle forniture di carbone alle ferrovie, e svelerà gli interessi che hanno condizionato la nascita dei collegamenti ferroviari alle spalle di Genova.
Il resoconto di quella giornata descrive una tragedia che, come vedremo, era da tempo annunciata.
Un treno merci, affrontando in salita verso Busalla la ripida pendenza della Galleria dei Giovi, rimasto all'improvviso senza guida inizia a retrocedere e piomba a forte velocità su un convoglio passeggeri in attesa, alla fermata del Piano Orizzontale, di affrontare a sua volta l'impegnativo itinerario.
Tra le lamiere contorte vengono estratte tredici vittime e circa una ventina di feriti.
Che cosa aveva procurato quella catastrofe che, oggi, a distanza di cento anni ricordiamo?
Uno dei passeggeri, che miracolosamente riesce a mettersi in salvo, riferisce ad un cronista de Il Secolo XIX che: "... per il maledetto carbone usato da qualche tempo a questa parte dalla società ferroviaria, tutto il personale di macchina del treno merci è stato colto da asfissia assieme al frenatore che, cadendo dalla sua cabina soffocato dal fumo, ha lasciato il treno abbandonato a se stesso".

Le cause

Le vaporiere dell'epoca sono infatti da alcuni anni alimentate da una particolare mistura: le mattonelle di carbone.
Questo composto - formato da un impasto di pece, catrame e polvere di carbone - se permette un notevole risparmio di "esercizio", durante la combustione sprigiona pero' esalazioni così venefiche da costringere i ferrovieri, per meglio resistere nelle lunghe gallerie ai fumi, a coprirsi bocca e naso con bende ben bagnate.
In particolare il transito sotto la galleria dei Giovi - dove la corsa dura in salita nove minuti e undici in discesa - è così massacrante che ai "macchinisti", all'uscita del tunnel, a Pontedecimo o a Busalla, viene somministrato "per servizio" un bicchiere di latte a scopo disintossicante.
L'impatto sull'opinione pubblica di questo incidente - che vulnera l'immagine di un mezzo tecnologicamente avanzato, come è appunto per l'epoca il treno - suscita un acceso dibattito che non può non approdare in Parlamento, dove Giuseppe Saracco tuona contro la gestione delle ferrovie per l'uso di quel "velenoso miscuglio" : le mattonelle di carbone prodotte dall'on. Edilio Raggio nella Carbonifera di Novi Ligure.


Un Imprenditore impegnato in politica: I'on. Edilio Raggio

Il Raggio, un armatore ed imprenditore genovese, che ha avviato questa sua attività oltre-appennino, - perchè colà può disporre di ciò che a Genova non trova e cioè di vasti terreni pianeggianti, poco costosi e, soprattutto, di una mano d'opera più malleabile e disponibile perché privilegiata dall'integrazione dei redditi dovuti all'agricoltura con quelli derivati dall'industria - è il fornitore unico delle ferrovie per il carbone. Forte di questo monopolio, impianta anche in altre città quali Venezia, Ancona, Brindisi, Civitavecchia e Torre Annunziata (che poi rifornirà, come vedremo, via mare attraverso una flotta di Cargo-Boat appositamente costituita) fabbriche per la produzione di mattonelle, ma quella di Novi Ligure, per le innovazioni che sarà costretto ad introdurre, resterà per il Raggio la principale.
Per trasferire a Novi il carbone d'importazione giornalmente scaricato nel capoluogo ligure si sviluppa così un intenso traffico merci sulla Torino-Genova, che ben presto, anche per I'eccessiva pendenza del primo tratto che rende estremamente difficoltoso il transito, giunge alla soglia della saturazione.

Il secondo valico: la Succursale dei Giovi

Per questi motivi e per la ritrovata importanza del Porto di Genova, che dopo l'apertura del canale di Suez (1869) e del traforo del Gottardo (1882) torna a collocarsi sulle grandi direttrici commerciali, viene costruita la Succursale dei Giovi, la quale è inaugurata il 30 aprile 1889 con grande soddisfazione del Raggio e con pari delusione degli acquesi e degli alessandrini, che invece avrebbero preferito ( come risulta da un duro scontro parlamentare del 1881) un secondo valico attraverso Ovada, realizzato poi nel 1894, con caratteristiche però di linea secondaria. La "Succursale", in ausilio alla vecchia Torino-Genova nella tratta compresa tra Sampierdarena ed Arquata Scrivia, contribuisce in modo determinante, grazie anche al tracciato tecnicamente più ardito, a favorire il celere rifornimento di carbone alla fabbrica novese, che ormai si estende su 88.000 metri quadrati ed occupa a pieno regime oltre 300 operai.
L'incidente di Pontedecimo però inizia a far vacillare la stella del Raggio - nel frattempo nominato Conte in occasione delle colombiane del '92 - il quale, non avendo nessuna concorrenza da vincere, onora il suo contratto garantendo più la quantità che la qualità del prodotto.

Lo scandalo delle forniture ferroviarie

In seguito alle interpellanze parlamentari scaturite da questo incidente e da numerosi altri - quelli successivi avvenuti nel 1899 a Campoligure, a Novi Ligure ed un'altro ancora, sempre nel '99, a Ceriale - viene avviata una Commissione d'Inchiesta e il nuovo Direttore Generale delle ferrovie decide di istituire un Commissariato per l'acquisizione diretta del carbone di Cardiff.
Il Raggio, dopo aver inutilmente tentato di far trasferire quel funzionario e poi, fallita questa mossa, inducendo i macchinisti attraverso una rete di corruzione (scoperta in seguito da un sindacalista del compartimento di Napoli, tale Ermanno Colella, che costerà al Raggio una denuncia alla Procura) a boicottare il carbone di importazione, è costretto, per forza maggiore, a rinnovare i suoi impianti nei quali sino ad allora ha reinvestito gli utili in modo molto limitato.


La Carbonifera

Nel 1902 costruisce così a Novi Ligure un impianto di lavatura dei carboni e potenzia la produzione dello stabilimento novese. Di conseguenza aumenta, tra Genova e Novi, il già fitto traffico merci a supporto del quale, in mancanza di ampi piazzali nello scalo genovese, era già stato realizzato nel 1885, presso la Carbonifera, il grandioso parco di Novi San Bovo fornito di piattaforme girevoli, di una rimessa per 18 locomotive e capace di ospitare 500 carri .
Questo impianto, in grado di manovrare giornalmente 2.400 carri, nel 1891, primo in Europa, viene illuminato con potenti "lampade ad arco" per permettere la formazione dei treni 24 ore su 24. Un tale incremento di transiti fra il capoluogo ligure e il Basso Piemonte fa nascere l'esigenza di una nuova linea ferroviaria che nel Consiglio Comunale genovese del 17 dicembre 1897 il consigliere Cappellini la definisce "utile per non lasciare ai futuri un'eredità passiva" e la vede in funzione di un collegamento diretto internazionale tramite il traforo del Gottardo (1882) "per avvicinare Genova alla Svizzera".

La "Genova-Fraconalto-Voltaggio-Gavi-Novi" e la "Direttissima Genova-Rigoroso- Tortona".

Per questo nuovo collegamento vengono presentati numerosi studi tra i quali si confrontano principalmente quello sostenuto dal Raggio, che prevede il percorso "Genova-Fraconalto-Voltaggio-Gavi-Novi" ed un'altro, condiviso da buona parte dell'imprenditoria genovese, redatto dall'lng. Carlo Navone, che presuppone una linea "direttissima" Genova-Rigoroso-Tortona.
Questo secondo progetto - sostenuto dalle rappresentanze dei lavoratori che in esso vedono un motivo di maggiore incremento delle attività portuali - non si limita alla sola creazione di un nuovo tracciato, ma presuppone anche una integrazione del nuovo valico con le linee già esistenti tramite la realizzazione, alle spalle del porto ligure, di un by-pass che renderebbe più funzionale il nodo ferroviario genovese.
Il 7 dicembre 1900 una apposita Commissione Consiliare, insediata nel marzo precedente, presceglie tra i diversi elaborati quello relativo alla "direttissima" perché ritenuto "il miglior tracciato sotto ogni rapporto ".
L'iter che viene avviato per rendere operativo questo progetto, che, come risulta da una relazione geologica del 15 novembre 1903 firmata dal Prof. Taramelli e dagli Ingg. Locher e Capello, "è il più compatibile con la natura geologica dell'Appennino Ligure-Piemontese", procede però tra molte lentezze e con notevoli difficoltà burocratiche.

Il dibattito politico

La verità vera è che dietro ai grandi proclami, pur animati da sincere intenzioni e da effettivi bisogni, si muovono interessi ben più casalinghi, quali la costruzione di un Terzo Valico, non tanto al servizio dell'intera portualità genovese, quanto a sostegno di una più scorrevole e meno onerosa "movimentazione" della produzione della Carbonifera alla quale, proprio nel 1897, il Raggio lega - come prima ricordato - l'attività di un'intera flotta (la Società Commerciale di Navigazione) costituita da quindici Cargo -Boat.
Tutto questo emerge con chiarezza nel Consiglio Comunale genovese del 14 luglio 1904 dove, in seguito ad una interpellanza, presentata a nome della maggioranza consiliare dal consigliere Giulio Pittaluga, riguardante "I provvedimenti idonei al compimento del progetto esecutivo del tronco appenninico della direttissima Genova-Rigoroso-Tortona", scatta nell'opposizione l'ira del Gruppo Consiliare Socialista il quale, per voce del consigliere Massone, accusando la Giunta di non avere sostanzialmente a cuore il buon esito di quel progetto - "Andate a Roma solo quando il Ministro chiama" - denuncia che il Conte Edilio Raggio già da tempo "ha fatto nominare una apposita commissione parlamentare la quale riferisse in favore della linea Genova-Fraconalto-Voltaggio-Gavi-Novi".
A quelle parole il trambusto che scoppia nella sala consiliare è incontenibile; tra i vari consiglieri volano reciproche accuse e dal pubblico un certo Mario Malfettani grida "Andatevene via ... gli interessi di Genova li avete sotto le scarpe !".
Interviene la forza pubblica e, tra il clamore, il Sindaco Gian Battista Boraggini ordina lo sgombero dell'aula.

Conclusioni

Da quella data il Terzo Valico entra in un sonno profondo, la Camionale prima (1936), le autostrade dopo (1958) sono le nuove vie di comunicazione che gli imprenditori e i politici preferiranno per le infrastrutture del porto di Genova.
Solo nel 1960, con un progetto dell'lng. Bordoni che per buona parte riprende quello del Navone, le ferrovie tentano di riproporsi come mezzo competitivo del trasporto merci, ma non se ne fa nulla ed è un vero peccato perchè se quel collegamento ferroviario fosse stato eseguito, oggi Genova disterebbe solo 34 chilometri dalla pianura Padana e l'Appennino adesso non sarebbe violentato da un traforo già bocciato quasi un secolo fa: quello della Galleria Flavia.

Genova, 11 agosto 1998
Gian Battista Cassulo.
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Messaggioda freelancer » 22/02/2016, 17:34

Niente di nuovo sotto il sole...
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