Fano Urbino
Inviato: 27/02/2012, 19:05
Come promesso e come inevitabile, apro una discussione sulla mia amata ferrovia Fano Urbino.
Il tema è delicato perché su di esso regna una ignoranza strepitosa anche nel mondo degli appassionati. Si e’ preda delle “voci” e dei “sentito dire” in quanto la realtà delle cose è custodita nella mani di pochi “pazzi” che hanno fatto di quella tratta il loro hobby e del loro hobby una battaglia lunga ed estenuante contro non so ben dirvi chi. Potrebbe essere il potere locale o centrale che è avverso al treno, potrebbe essere una cultura popolare ingenerosa nei confronti delle ferrovie, potrebbero essere le compagnie di bus che hanno ucciso la linea a suo tempo… forse è un insieme di tutto questo. Quel che è certo è che si tratta di una storia avvincente e che, in questo caso, proviene proprio da uno dei quei pazzi citati sopra (io medesimo), che come descritto, ha fatto di questa avventura una missione.
La Fano Urbino infatti non è solo LA linea per cui combatto assieme alla Associazione FVM, ma è l’esempio tipico, la sineddoche di tutte le ferrovie secondarie italiane.
Sullo stile del Don, andrò a puntate in questa descrizione, cercando di far uscire ogni giorno un nuovo breve intervento, facile da leggere e di lunghezza adeguata. Con l’augurio che quello che di male la propaganda detrazionista ha fatto (e quello che la stampa settoriale non ha fatto) possa essere attenuato da un racconto fatto “dall’interno” di questa vicenda.
Inizio con una breve storia della linea. Ma dato che scrivere non costa nulla, me la prendo grande e narro prima un breve riassunto delle vicende che hanno coinvolto il progetto della subappenninica. Infatti quella che noi conosciamo come Fano Urbino è il frutto della costruzione, unione, distruzione e ripristino in modo sconsiderato di due distinte linee ferroviarie.
La prima e più gloriosa è la Fabriano Sant’Arcangelo di Romagna, il cui progetto fino a Urbino venne approvato nel 1889 ed i lavori iniziati nel 1890. Il 20 Settembre 1898 i binari giunsero fino alla nota capitale del Montefeltro. Il tracciato comprendeva ben 46 viadotti e 13 gallerie lunghe fino a 1500 metri. Il tutto senza considerare il tratto verso Sant’Arcangelo, che ha numeri anche più importanti.
Nella mappa qua sotto un riepilogo visivo (in parte fatto a mano!) di quanto detto; nella tratta Urbino Sant’arcangelo non ho riportato le stazioni, così come sull’adriatica e sulla Falconara Roma.
Da sottolineare che il progetto, anche se approvato nel 1889, era frutto di un’idea molto più antica. In esso si fondono le esigenze di una popolazione locale vogliosa di uscire dall’isolamento e quelle di un Paese che, al tempo, credeva fortemente nel grande sviluppo e prosperità che il mezzo di trasporto su ferro (l’unico degno di nota allora) poteva portare.
Il tracciato infatti ha un carattere locale se si guarda al risultato finale, ma il contesto iniziale è molto più interessante.
Immaginate una ferrovia che parallelamente all’adriatica unisce i paesi dell’entroterra abruzzese, marchigiano e romagnolo e lo fa secondo una logica che è possibile intuire ancora oggi unendo tratte ferroviarie esistenti e dismesse disseminate perpendicolarmente alla costa adriatica: cioè unendo Torre dei Passeri (sulla Roma Pescara), Penne (poi capolinea della soppressa linea da Montesilvano aperta nel 29 e chiusa nel 63, a scartamento 950mm ed elettrificata), Teramo (capolinea della attuale linea da Giulianova), Ascoli Piceno (capolinea della linea da Porto d’Ascoli), Amandola (anch’essa termine della linea a SR da Porto San Giorgio, chiusa nel 56), Camerino (sulla linea per Macerata ancora attiva ma sede di una tramvia elettrica chiusa pure nel 56), Fabriano, Pergola, Fermignano (con futura diramazione per Fano, ovviamente chiusa), Urbino e via via Pennabilli, Novafeltria (raggiunta in seguito da una linea a scartamento 950mm chiusa nel 61) e Sant’Arcangelo, sulla linea adriatica. Si tratta di un progetto ambizioso ma che a ben pensare avrebbe positivamente influito sulle economie e dinamiche demografiche di queste zone. E’ facile oggi dire che sono poco popolate: sfido io a popolarle senza uno straccio di collegamento!
E la storia si ripete con le strade, visto che la A 14 inizialmente era prevista più a monte di dove si trova oggi, e la pedemontana è stata realizzata solo parzialmente e tra mille tormenti.
In questa vicenda si fondono quindi le essenze di una zona d’Italia che oltre a non aver mai favorito la ferrovia (nemmeno quando non aveva scelta) ha sempre preferito edificare sulla costa, creando enormi conurbazioni e problemi sulla “sottile” striscia di terra a ridosso dell’acqua.
Ma torniamo a noi. E’ evidente che quel 20 Settembre del 98 è stato un giorno cruciale per il progetto della subappenninica in quanto ha al contempo rappresentato l’inizio e la fine di tutta la vicenda. Di li in avanti infatti si continuerà a realizzare la linea verso nord, lavorando almeno fino alla prima guerra mondiale (non so dirvi a quali ritmi) ma senza mai posare le rotaie (non escludo che ciò sia avvenuto in tratti limitati vicino a Sant’Arcangelo). Vennero completate gallerie di oltre 3 km ognuna e numerosi viadotti e fabbricati viaggiatori (ancora esistenti). Poi più nulla. La strategicità militare era venuta meno con il finire della guerra e l’avvento dell’aviazione nei conflitti armati e le restanti motivazioni non erano evidentemente abbastanza forti.
Domani il continuo… se avete domande intanto, scrivete.
Il tema è delicato perché su di esso regna una ignoranza strepitosa anche nel mondo degli appassionati. Si e’ preda delle “voci” e dei “sentito dire” in quanto la realtà delle cose è custodita nella mani di pochi “pazzi” che hanno fatto di quella tratta il loro hobby e del loro hobby una battaglia lunga ed estenuante contro non so ben dirvi chi. Potrebbe essere il potere locale o centrale che è avverso al treno, potrebbe essere una cultura popolare ingenerosa nei confronti delle ferrovie, potrebbero essere le compagnie di bus che hanno ucciso la linea a suo tempo… forse è un insieme di tutto questo. Quel che è certo è che si tratta di una storia avvincente e che, in questo caso, proviene proprio da uno dei quei pazzi citati sopra (io medesimo), che come descritto, ha fatto di questa avventura una missione.
La Fano Urbino infatti non è solo LA linea per cui combatto assieme alla Associazione FVM, ma è l’esempio tipico, la sineddoche di tutte le ferrovie secondarie italiane.
Sullo stile del Don, andrò a puntate in questa descrizione, cercando di far uscire ogni giorno un nuovo breve intervento, facile da leggere e di lunghezza adeguata. Con l’augurio che quello che di male la propaganda detrazionista ha fatto (e quello che la stampa settoriale non ha fatto) possa essere attenuato da un racconto fatto “dall’interno” di questa vicenda.
Inizio con una breve storia della linea. Ma dato che scrivere non costa nulla, me la prendo grande e narro prima un breve riassunto delle vicende che hanno coinvolto il progetto della subappenninica. Infatti quella che noi conosciamo come Fano Urbino è il frutto della costruzione, unione, distruzione e ripristino in modo sconsiderato di due distinte linee ferroviarie.
La prima e più gloriosa è la Fabriano Sant’Arcangelo di Romagna, il cui progetto fino a Urbino venne approvato nel 1889 ed i lavori iniziati nel 1890. Il 20 Settembre 1898 i binari giunsero fino alla nota capitale del Montefeltro. Il tracciato comprendeva ben 46 viadotti e 13 gallerie lunghe fino a 1500 metri. Il tutto senza considerare il tratto verso Sant’Arcangelo, che ha numeri anche più importanti.
Nella mappa qua sotto un riepilogo visivo (in parte fatto a mano!) di quanto detto; nella tratta Urbino Sant’arcangelo non ho riportato le stazioni, così come sull’adriatica e sulla Falconara Roma.
Da sottolineare che il progetto, anche se approvato nel 1889, era frutto di un’idea molto più antica. In esso si fondono le esigenze di una popolazione locale vogliosa di uscire dall’isolamento e quelle di un Paese che, al tempo, credeva fortemente nel grande sviluppo e prosperità che il mezzo di trasporto su ferro (l’unico degno di nota allora) poteva portare.
Il tracciato infatti ha un carattere locale se si guarda al risultato finale, ma il contesto iniziale è molto più interessante.
Immaginate una ferrovia che parallelamente all’adriatica unisce i paesi dell’entroterra abruzzese, marchigiano e romagnolo e lo fa secondo una logica che è possibile intuire ancora oggi unendo tratte ferroviarie esistenti e dismesse disseminate perpendicolarmente alla costa adriatica: cioè unendo Torre dei Passeri (sulla Roma Pescara), Penne (poi capolinea della soppressa linea da Montesilvano aperta nel 29 e chiusa nel 63, a scartamento 950mm ed elettrificata), Teramo (capolinea della attuale linea da Giulianova), Ascoli Piceno (capolinea della linea da Porto d’Ascoli), Amandola (anch’essa termine della linea a SR da Porto San Giorgio, chiusa nel 56), Camerino (sulla linea per Macerata ancora attiva ma sede di una tramvia elettrica chiusa pure nel 56), Fabriano, Pergola, Fermignano (con futura diramazione per Fano, ovviamente chiusa), Urbino e via via Pennabilli, Novafeltria (raggiunta in seguito da una linea a scartamento 950mm chiusa nel 61) e Sant’Arcangelo, sulla linea adriatica. Si tratta di un progetto ambizioso ma che a ben pensare avrebbe positivamente influito sulle economie e dinamiche demografiche di queste zone. E’ facile oggi dire che sono poco popolate: sfido io a popolarle senza uno straccio di collegamento!
E la storia si ripete con le strade, visto che la A 14 inizialmente era prevista più a monte di dove si trova oggi, e la pedemontana è stata realizzata solo parzialmente e tra mille tormenti.
In questa vicenda si fondono quindi le essenze di una zona d’Italia che oltre a non aver mai favorito la ferrovia (nemmeno quando non aveva scelta) ha sempre preferito edificare sulla costa, creando enormi conurbazioni e problemi sulla “sottile” striscia di terra a ridosso dell’acqua.
Ma torniamo a noi. E’ evidente che quel 20 Settembre del 98 è stato un giorno cruciale per il progetto della subappenninica in quanto ha al contempo rappresentato l’inizio e la fine di tutta la vicenda. Di li in avanti infatti si continuerà a realizzare la linea verso nord, lavorando almeno fino alla prima guerra mondiale (non so dirvi a quali ritmi) ma senza mai posare le rotaie (non escludo che ciò sia avvenuto in tratti limitati vicino a Sant’Arcangelo). Vennero completate gallerie di oltre 3 km ognuna e numerosi viadotti e fabbricati viaggiatori (ancora esistenti). Poi più nulla. La strategicità militare era venuta meno con il finire della guerra e l’avvento dell’aviazione nei conflitti armati e le restanti motivazioni non erano evidentemente abbastanza forti.
Domani il continuo… se avete domande intanto, scrivete.